Antonio Mancini

Mancini Antonio

Roma 1852 / Roma 1930

Pittore
Biografia

Figlio di un sarto ma gestiva anche una trattoria a Narni, dove i clienti vedevano il piccolo Antonio disegnare con abilità e con passione e l'interesse che suscitava fece decidere il padre a mandarlo a Napoli all'Istituto di Belle Arti dove insegnavano Filippo Palizzi e Domenico Morelli.
A Napoli dal 1864 al 1873 studia e lavora con entusiasmo e perizia conquistando rapidamente l'ammirazione di artisti e compagni come: Edoardo Dalbono, Giuseppe De Nittis, Michele Cammarano e Francesco Paolo Michetti.
Entra in contatto con il famoso Mariano Fortuny y Marsal che si interessa a lui quando apprende da Domenico Morelli che un piccolo quadretto vendutogli da un antiquario napoletano era opera di Mancini.
In quegli anni coabita e divide lo studio con Vincenzo Gemito il loro sarà un rapporto profondo e difficile che li accompagnerà per tutta la vita, di questo periodo sono dipinti come "Il voto"; "L'ispirazione"; "Il violinista", "Il pretino" soggetti dove unisce influsso dell'arte signorile e delicata di Gioacchino Toma a quello della pittura  vigorosa del maestro Morelli.
Nel 1873 va a Parigi e lavora per Goupil, quando incontra il pittore e collezionista olandese Hendrik Willem Mesdag inizia così a produrre solo per lui con la più completa libertà di soggetto.
Tornare a Napoli, non reggendo quei ritmi di vita che gli creano non pochi problemi  e per ben quattro anni rimane in una casa di cura 
Parigi e Londra sono le tappe successive e dopo un periodo di stenti e sofferenze a Napoli nel 1883 si sposta definitivamente a Roma, dove tutto migliora ed è amato e considerato come merita.
Comprendere la sua arte capricciosa e traboccante che lo induceva ad aggiungere alla sua tavolozza coloratissima pezzi di stagnola dorata o argentata, pezzi di vetro, di stoffe ottenendo effetti strabilianti non era facile, e forse per qualcuno non lo è neppure oggi.
Godeva di un discreto benessere economico e  la sua fama si accresceva di giorno in giorno così come le soddisfazioni e i trionfi culminati nella nomina ad Accademico d'Italia nel 1929.

 

da A. M. Comanducci ediz. 1962
Nato ad Albano Laziale Roma il 14 novembre 1852, morto a Roma il 28 dicembre 1930. Il padre, che faceva il sarto, gestiva nella nativa Narni anche una trattoria, dove gli avventori vedevano il piccolo Antonio disegnare continuamente con abilità e con passione, e a lui simpaticamente s'interessavano tanto da far decidere il padre a mandarlo a Napoli per studiare in quell'Istituto di Belle Arti dove insegnavano Filippo Palizzi e Domenico Morelli. A Napoli rimase nove anni, dal 1864 al 1873, e lavorò con tanta lena e tale perizia da conquistare rapidamente l'ammirazione dei compagni: Edoardo Dalbono, Giuseppe De Nittis, Michele Cammarano e Francesco Paolo Michetti. Mariano Fortuny y Marsal si interessò al giovane pittore quando seppe da Domenico Morelli che un quadretto esposto da un antiquario napoletano, che egli non aveva resistito alla tentazione di comperare, era opera del Mancini. In quell'epoca Mancini che conviveva con Vincenzo Gemito dipinse soggetti di genere in alcuni dei quali risentì influsso dell'arte signorile e delicata di Gioacchino Toma e quella vigorosa del maestro Morelli. Fra essi: "La lettura"; "Il voto"; "L'ispirazione"; "Il violinista"; "Dopo il duello"; "Lo scolaro"; "Il pretino", collocato nei Museo San Martino di Napoli. Nel 1873 si recò a Parigi e dipinse per la Casa Goupil finchè il paesista olandese Hendrick Willem Mesdag lo fece lavorare solamente per se', assegnandogli ampia libertà nella scelta dei soggetti. Ma quella vita, non gli si confaceva provocandogli dei disturbi nervosi. Volle tornare a Napoli per ritemprarsi in una casa di cura. Vi stette quattro anni e a poco a poco riprese a dipingere. Non si può dire che la sua mente subisse uno stato vero e proprio di equilibrio; piuttosto, egli viveva assorto in una specie di incantamento contemplativo che si manifestava nella febbre continua del lavoro. Guarito e riposato, partì per Parigi e per Londra. Tornò a Napoli nel 1879, e, dopo un periodo di vita misera e stentata, nel 1883 si stabilì definitivamente a Roma. Nella città eterna fu amato e giustamente considerato. Pochi, però, compresero la sua arte capricciosa traboccante che lo induceva ad aggiungere alla sua tavolozza, già indiavolata di tinte rutilanti, pezzi di stagnola dorata o argentata, pezzi di vetro, di stoffe, con cui otteneva effetti mirabili se visti a distanza. Nella sua ultima attività, egli moderò gli eccessi, raggiungendo di mano in mano una maggiore compostezza ed un equilibrio sempre più nitido. Un discreto benessere regnava nella sua casa, la sua fama si accresceva di giorno in giorno, e le soddisfazioni e i trionfi culminarono con la nomina ad Accademico d'Italia (20 maggio 1929). Ma la sua arte era la sua gioia, e, così nella giovinezza come nella virilità, all'arte Mancini tutto voleva e sapeva sacrificare. Non conosceva adattamenti alle mode e alle maniere del tempo; non sapeva praticare il commercio e la vendita dei suoi dipinti. Più di una volta aveva barattato un quadro con una tela bianca, e spesso, stretto dal bisogno, aveva venduto sue opere per poche lire. La doviziosa produzione del Mancini non può essere esaurientemente catalogata, perchè le sue opere sono numerose e sparse in collezioni italiane e straniere. In circa mezzo secolo di attività le principali esposizioni del suo tempo hanno avuto presente il Mancini con le sue caratteristiche e le sue esuberanze nelle diverse espressioni della tecnica e nei vari atteggiamenti del suo ingegno in continua ricerca del soggetto, del colore e della forma. Alle Internazionali di Venezia ha inviato quadri dall'anno della fondazione all'ultimo della sua vita. Alcune opere fra le più note sono: "Ritratto del padre" e "Ritratto della signora Pantaleoni", nella Galleria d'Arte Moderna di Roma; "Lydia" e "Studio di figura femminile", in quella di Milano; "Pagliaccetto" e "Nudo", nella Galleria «Paolo e Adele Giannoni» di Novara; "Mandolinata" e "La venditrice", nella raccolta Tiberio Beretta di Milano; "La modella", in quella del barone Chiarandà a Napoli; "Paggio", proprietà dell'ing. Ercole Norsi di Torino; "La figlia del mugnaio", "Villa nazionale di Napoli" e "Mare di Posillipo", nella pinacoteca dell'on. Alberto Gualtieri di Napoli; "Il calderaio"; "Bandito"; "Madonnina"; "Giovane prigioniera turca"; "Ritratto di Tuno Du Chene"; "Toletta"; "Ritratto del signor Otto Messinger"; "Ciociaretta"; "II cappello di paglia"; "Pastorella"; "Lo scugnizzo"; "Geltrude"; "Brindisi"; "Suonatrice"; "Costume rococò"; "L'innamorata"; "II moschettiere"; "La madre dell'artista" (Racc. avv. Cugini, Bergamo), una numerosa serie di autoritratti, dal tipico sorriso, posseduti in maggior parte da collezionisti privati. Alla VI Quadriennale Romana (1952) figurava nella Sezione Pittura italiana della seconda metà dell'Ottocento, con tre opere.


da Le Biennali di Venezia - Esposizione 1895, 1897 e 1901
Nato a Roma nel 1852. Si dedicò al quadro di genere e al ritratto. Espose nel 1876 a Napoli due quadri ammirati «Ama il prossimo tua come te stesso» e «I figli di un operaio», a Torino nel 1884 «La modellina pittrice»; a Venezia nel 1887 uno de' suoi ritratti ricchi di vita e d'espressione, e nel 1895 «Ofelia» (studio) e una bellissima mezza figura «Ragazzo romano». Usa una tecnica audace, vigorosa, ribelle alle tradizioni ed alle consuetudini; la forza del colore, la violenza della luce gli consentono di raggiungere una tale efficacia di effetti da rendere indimenticabili certe fisionomie virili o femminee, che balzano fuori dalle sue tele, animate da un soffio prepotente di vita.

 

Bibliografia

A.M. Comanducci - Pittori italiani dell'Ottocento - Milano 1934
A.M. Comanducci - Dizionario illustrato pittori e incisori italiani moderni - II ediz. Milano 1945
A.M. Comanducci - Dizionario illustrato pittori e incisori italiani moderni e contemporanei - III ediz. Milano 1962
Thieme Becker  - Kunstlerlex - 1929
Galletti e Camesasca - Enciclopedia della pittura italiana
A. De Gubernatis - Dizionario artisti italiani viventi
Enrico Giannelli - Artisti napoletani viventi - Napoli 1916
Ugo Ojetti - Ritratti di artisti - Milano 1931/1938
Guido Guida - Antonio Mancini - Roma 1921
S. Kambo - Antonio Mancini - Bergamo 1922
A. Zanzi - Antonio Mancini - Venezia 1941
Varagnolo - Antonio Mancini - venenzia 1941
A. Schettini - Vita di Antonio Mancini - Napoli 1941
V. Gozzi - Antonio Mancini - Roma 1943
Vita d'Arte - 1909
Emporium - 1911

Catalogo I Esposizione Internazionale d'arte della Città di Venezia - 1895
Catalogo II Esposizione Internazionale d'arte della Città di Venezia - 1897
Catalogo IV Esposizione Internazionale d'arte della Città di Venezia - 1901

Opere

Servetta - Pinacoteca Corrado Giaquinto, Bari

Testa di donna - Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi, Piacenza

Donna dal ventaglio rosso - Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi, Piacenza

Ritratto del padre - Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi, Piacenza

Donna col calamaio - Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi, Piacenza

Moschettiere seduto - Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi, Piacenza

Servetta - Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi, Piacenza

Donna alla toletta - Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi, Piacenza

Il modello Piscione - Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi, Piacenza

Il pastorello - Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi, Piacenza

Donna in lettura - Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi, Piacenza

Ritratto femminile - Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi, Piacenza

Testa di vecchio - Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi, Piacenza

 



 

Vuoi vendere un'opera di Antonio Mancini?

 

Vuoi comprare un'opera di Antonio Mancini?

 

utilizza l'apposito modulo di contatto qui sotto


Puoi caricare delle immagini da allegare al messaggio:

Seleziona immagine n.1
Seleziona immagine n.2
Seleziona immagine n.3
Seleziona immagine n.4
Seleziona immagine n.5